Diventeremo amiche by Anna Cherubini

Diventeremo amiche by Anna Cherubini

autore:Anna Cherubini [Cherubini, Anna]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Solferino
pubblicato: 2024-05-15T00:00:00+00:00


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La domanda che a volte mi faccio è: qual è la più grande paura che si possa provare?

Forse è la paura che prova una madre, ad esempio quella che provò la tua, la sera del 22 giugno del 1983. La paura della mia, per motivi ben diversi, pochi giorni prima, un po’ l’ho compresa quando sono diventata mamma a mia volta, ma forse l’avrei comunque intuita.

Il tema del passaggio dalla primavera all’estate, in quell’anno, è la paura delle nostre mamme.

La paura di una madre per i propri figli non ha la stessa entità di quella che ognuno di noi ha per se stesso. È sempre una paura molto più grande, si spinge parecchio più in là di quella per la propria incolumità, fisica o sociale che sia. Non c’è bisogno di essere madri per saperlo. Quando mi chiedo perché sia così, mi sembra di risentire le voci di quei cori, il vostro o quello della Cappella Sistina, un Kyrie, un Gloria, un Sanctus o un Agnus Dei di Giovanni Pierluigi da Palestrina. Ma non saprei da dove viene quel canto che sentono le madri, né chi lo ha scritto. Penso che entri in ballo l’idea dell’eternità. Sono i figli che ci permetteranno di esistere ancora un po’ quando non ci saremo più, che respireranno ancora con una parte di noi, poi in futuro i loro figli faranno altrettanto con loro.

Da certe storie, anche dalla tua, abbiamo forse imparato che, se un figlio se ne va, quel respiro viene meno e l’eternità si accorcia fino a non essere più possibile.

Mia madre sedeva spesso accanto al telefono, al tavolo tondo dell’ingresso, in attesa di una chiamata di sua sorella, o di qualcuno di noi figli che magari aveva preso un treno per Cortona e avvertiva che era arrivato. Oppure di mio padre che le aveva detto di tenersi pronta: tra dieci minuti sarebbe passato a prenderla per andare a fare un giro fuori, comprare qualcosa, partecipare a un evento.

Ma un pomeriggio di quel giugno stette seduta per ore al tavolo tondo, con un senso di attesa più intenso del solito. Si era tolta gli occhiali da miope, perché in estate vedeva abbastanza bene anche senza, e si asciugava sotto gli occhi, cercando di salvare il segno della matita che usava sempre alla perfezione. Non che piangesse, ma passarsi la mano sotto gli occhi era tipico dei momenti di agitazione. Inoltre schiacciava la fine di ogni sigaretta dentro il posacenere sul tavolo e alla fine di quel pomeriggio aveva accumulato un bel mucchio di cicche sporche di rossetto. Soltanto lei fumava in casa, mio padre aveva smesso, dopo aver fumato due pacchetti al giorno per tanti anni. Un vizio che purtroppo gli sarebbe costato la salute.

Quel giorno lei stava incollata al telefono perché mio fratello Umberto era andato a volare per la prima volta. Era giunto, infatti, alla prima prova pratica di volo, che consisteva nel pilotare un aereo a due posti. Aspettava quel momento da quando era bambino, ma di quel primo volo, a quell’ora precisa, soltanto mia madre sapeva.



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